lunedì 18 novembre 2013

Orto d'artista: i pomodori di Cesare Fullone ( parte seconda)

I giorni sono ancora caldi. E pensare alla coltura dei pomodori non è anacronistico...anche perchè in molti orti si raccolgono ancora. Devo dire la verità...io ortista appassionata non ho mai visto tutte queste varietà. L'artista milanese Cesare Fullone che ha un orto nelle colline piacentine riesce a stupire sempre. Per la bellezza e la varietà di coltura.
Come fare a meno di spiare il suo orto giardino e  godere di tutte queste qualità che lui stesso ci spiega?

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Ed ecco la Poppa di Venere.

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Campanella rubino. Classico pomodorino a grappolo. Gustosissimo.

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Costoluto fiorentino: "Quest'anno mi sembra venuto poco costoluto" dice l'artista- ortolano.

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Ed ecco la chicca....Tartufo nero. Una varietà molto produttiva.

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Tartufo nero. "Dei pomodori neri mi sembra complessivamente uno dei migliori.
Pezzatura non eccessiva, gusto gradevolissimo, polpa liquescente."

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E infine ...il Bulgarian. Ottimo sotto tutti gli aspetti.
Per chi è appassionato l'anno prossimo non ha che da scegliere tra tutte queste varietà.

Ciao Mariassunta

martedì 29 ottobre 2013

Orto d'artista: i pomodori di Cesare Fullone ( parte prima)

Ci siamo già stati nell'orto del famoso scultore milanese Cesare Fullone. Ma ogni tanto merita tornarci...perchè la sua passione non può rimanere nascosta. Ha coltivato quest'anno dei pomodori per nulla consueti. Particolari e ottimi. Ve li mostro con accanto le sue considerazioni e i suoi giudizi su sapore e consistenza....
"Cominciamo con qualcuno di quelli un pò più strani.

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Purple Calabash

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Purple Calabash, bellissimo questo nero-viola.
Sapore ottimo, però buccia un pò persistente.

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Zapotec Pink Ribbed. Questo lo mangiavano gli Aztechi.
Complessivamente buono.

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Il Reise, secondo anno, come si fa a non coltivare un pomodoro così!
Dal primo piano si capisce perchè è chiamato anche Pomodoro del pellegrino.
Evitando di mangiarlo tutto, se ne può staccare una parte senza danneggiare la parte restante.
Ottimo per i parsimoniosi in viaggio.

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Pomodoro big arcobaleno. I miei non sono venuti tanto big.

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Corrogo. Simpaticissimi, a grappoli come ciliegini ma più grossi e di sapore migliore".

  Ma questo è solo un anticipo. Ce ne sono altri...ma preferisco, per non sminuire tutta questa bontà, bellezza e passione, fare un secondo post. Così da poter anche noi goderne appieno.

A presto
Mariassunta

martedì 22 ottobre 2013

Mano nella mano.



Non riesco a non pensare alla tua piccola manina chiusa in quella della mamma. Una stretta piena di fiducia e amore. Tu e la mamma. Non ci può essere più sicurezza e tranquillità quando sei piccolo e  procedi accanto a lei. Stretto a lei, che ti guida con affetto e amore mentre tu cammini fiero e protetto, guardandoti intorno.  




Sarà stato così anche quella sera. Chissà quante volte avrete attraversato quella strada, mano nella mano. Certo tu non potevi sapere, non potevi immaginare che oltrepassare.....


giovedì 17 ottobre 2013

Cibo di strada a Roma: Stefano Callegari ha inventato il trapizzino con il picchiapò



Non è un gioco di parole il mio. Sia chiaro. Il trapizzino, che molti non conoscono,  è un panino formato da angoli di pizza bianca riempiti con carne, pesce e interiora, ingredienti essenziali di ricette famose e tradizionali della cucina tipica romana. Due elementi che non si erano ancora mai incontrati e che qualche anno fa sono stati combinati in un felice matrimonio. E da allora infatti….vissero felici e contenti

Già, perché dovete sapere che questo matrimonio, questa combinazione di sapori ha dato vita a un nuovo modo di mangiare. Qual è la novità, dirà qualcuno, se la pizza bianca si mangiava già farcita?  Certo, di formaggio o prosciutto, ma non di roba cucinata, non di sapori forti, non di carne ricca di sugo. Ora la  pizza bianca viene riempita di tutto quello che è di più tipico e caratteristico  della cucina romane, vale a dire … polpette al sugo, coda alla vaccinara, trippa al sugo, pollo alla cacciatora, lingua in salsa verde, coratella d’abbacchio con carciofi o cipolle, seppie e piselli  e il famoso picchiapò. 






Sì, anche il picchiapò. Qu'est ce que c'est ça? Chiedeva, in  “C‘eravamo tanto amati”, Stefano Satta Flores al “Re della mezza porzione”.  “E’ manzo lessato e ripassato in padella con cipolle e pomodoro”. “ Ma io vedo poca carne e tutte cipolle”,  rispondeva lo spiritoso professore. “ A Sor Maè – gli rispondeva piccato l‘oste - ci stanno 5830 trattorie a Roma. C’hai ampia scerta”.

Ora le trattorie sono molte di più. Ma Roma non aveva ancora il suo street food caratteristico. L’idea di questo connubio è venuta a Stefano Callegari, che dopo aver girato il mondo come steward, è arrivato alla conclusione che al cibo italiano e a quello romano in particolare non ci si può rinunciare, per nessuna ragione al mondo. Come offrire allora una seconda possibilità alla tipica cucina romana, generalmente così piena di sugo e di intingolo che non la si può gustare se non da un piatto e seduti? Se altre cucine tipiche offrono questa possibilità,  come ad esempio il Lampredotto a Firenze o U panu cà meusa,  panino con la milza, a Palermo, perché rinunciare a Roma al piacere di una "scarpetta on the road"? si è chiesto Callegari. L’idea è stata allora la pizza. O meglio …l'angolo della pizza bianca cotta nella teglia, che avendo due lati chiusi, poteva essere un bel posto dove mettere qualcosa di assai gustoso. A questo punto mancava l’accorgimento tecnico su come trasformare una teglia di pizza bianca in tanti angoli di pizza. Risolto questo ecco venir fuori tante pizze-tasca che custodiscono un prezioso, ricco e saporito manicaretto. L’avreste mai detto?

Il successo è stato immediato e le recensioni positive, dal Gambero Rosso al New York Times, passando per le maggiori guide sul cibo da strada, più un paio di premi qua e là, ne hanno fatto in poco tempo un classico della "cucina romana da passeggio"e di Callegari e soci e vale la pena citarli, Antonio Pratticò,  Kabir Humayun e Gabriele Gatti, degli straordinari creativi di cibo tradizionale. Che non è poco.

Dove trovare i trapizzini. Ovviamente “ner core de Roma”, cioè a Testaccio. Vicino alla Chiesa di Santa Maria Liberatrice, c’è il locale di Callegari. Si chiama 00100 Pizza ( sintesi tra la farina 00 e il CAP di Roma -la creatività e la romanità di queste persone è davvero inesauribile davvero. Complimenti ancora.)

I prezzi? 6 euro quello grande e 3,50 quello piccolo. Si comprano e si portano via.
Fatemi sapere dopo che vi ho dato questa dritta....come è andata eh!

Ciao
Mariassunta





giovedì 10 ottobre 2013

Cheeese!

Ero curiosa di farlo.
Leggevo, leggevo, leggevo e non vedevo l'ora di mettermi alla prova.
Così ho incominciato ad organizzarmi. Non è poi che servisse chissacchè! Occorreva solo comprare il caglio e poi il latte crudo e il termometro. Tutte le altre cose le avevo già in casa.

Ho provato con il latte del super la prima volta ed è uscita una bella caciotta. 

Poi ho scoperto che vicino alla mia città ci sono delle fattorie che vendono il latte crudo, quello appena munto. Ora lavoro questo....

Adoro fare i formaggi...anche perchè mi piacciono molto, ma non avendo tanto tempo a disposizione li faccio davvero ogni tanto. 

Questo è l'ultimo che abbiamo aperto questa estate, quando c'eravamo tutti. E' un montasio con una stagionatura di 4 mesi.

Una vera delizia.

.

                                                                           Ciao

                                                                     Mariassunta



mercoledì 25 settembre 2013

Le bon pain

Spesso faccio il pane in casa e mi diverto a fare cose nuove. Vado sempre in cerca di novità.

Non chiedetemi però di farlo con il lievito madre perchè non riesco a tenere a bada il "pupo".

Non ho tempo di fare i rinfreschi. Ci ho provato...ci ho provato. Una volta la mia amica Antonella mi ha convinto e me ne ha dato un pò del suo di LM. L'ho tenuto in frigo per un pò...ma poi è morto.

Vorrà dire che ci riproverò quando ho più tempo.

Ma non rinuncio comunque a fare il pane e uso il lievito di birra. Quello liofilizzato, così è sempre disponibile quando ho voglia di impastare.

Da prima dell'estate che non panifico e uno degli ultimi pani è stato questo...



..con i semi di zucca.



Per farlo ho impastato 600 gr di farina con 1 bustina di lievito e acqua quanto basta. Più 1 cucchiaino di zucchero,  1 o2 di sale e semi .

Ho lasciato lievitare. Poi ho realizzato una treccia e voilà! 

Ciao e... Bon appetit!
Mariassunta

venerdì 20 settembre 2013

Il taglio delle ortensie

Quest'anno ho anticipato i tempi.

Le mie ortensie si erano alzate a dismisura e mi coprivano dalla vista il mio orto.




Sì, perchè io quando prendo il caffè guardo fuori dalla finestra della cucina e osservo l'orto.

Tanto non erano più colorate e quindi ho anticipato di due mesi circa il taglio.



Eccole, ora. Ripulite e fresche dentro un innaffiatoio che ho comprato l'anno scorso ( non ho chiesto perchè c'è quel numero. Mi hanno detto solo che veniva dalla Francia...chissà se lo devo togliere?)

Tornando alle ortensie. Per ora ancora le tengo fuori, un pò riparate, ma poi finiranno in taverna, con tutto l'innaffiatoio.




Ciao e buon fine settimana a tutti
Mariassunta

giovedì 5 settembre 2013

Riassunto di un "rosso" agosto

Rosso come i miei deliziosi e vari pomodori e i piccanti peroncini...

Dove eravamo rimasti?

Ah, sì eravamo nell'orto a raccogliere patate. Agosto è il mese delle ferie ed è anche il momento di coccolare la mia famiglia. E infatti tutti insieme siamo stati molto tempo

Senza però trascurare l'orto. Per fortuna le due case sono vicine e quindi ...

Ma riassumiamo con le immagini questo mese dai...

Questi i vari tipi di pomodoro che abbiamo coltivato e raccolto. Ne manca qualcuno, ma ve li farò vedere dopo...


 Inizia il raccolto:  patate, fagioli, zucchine, cetrioli e pomodori a gogò


Qualche giorno dopo...


Pomodori piccoli, grandi, medi, neri, rosa, rossi, verdi...


Pomodori da mangiare in insalata, da fare al forno, da riempire con il riso, per la bruschetta, per il sugo freddo..


Ed ecco il bisteccone da 6 etti e mezzo ( piatto escluso!)


 I neri di Crimea. Li ho provati per la prima volta quest'anno. Ne sono entusiasta. Li abbiamo trovati davvero molto buoni, saporiti e dolci.


L'altra novità di quest'anno: i bigarrée. Li conoscete? I semi mi sono stati regalati da un famoso scultore milanese. Mai visti e mai assaggiati. Anche questi hanno superato il test...assolutamente da rimettere l'anno prossimo


Tanti i pomodorini sulla pianta. Allora che fare? Per ben tre volte di seguito li abbiamo imbarattolati con la foglia di basilico e bolliti. Quest'inverno basterà fare clac...clac e il profumo dell'estate si sprigionerà nella mia cucina, pronti per il sughetto e per la pizza! 

Ed ecco l'altra mia rossa....abbondante produzione: i piccantissimi peperoncini che si asciugano al sole


 Ma non è tutto. 

Vi aspetto al prossimo post per continuare il riassunto di questo meraviglioso e produttivo agosto.

Ciao 
Mariassunta 

venerdì 19 luglio 2013

Ed ecco le patate...


Vi ricordate? Siamo partiti da qui....http://ladonnaincorriera.blogspot.it/2013/05/unidea-per-le-patate.html

Forse avrei dovuto aspettare ancora un pò, ma la prima esperienza serve a far capire tante cose.


                                                  E' stato un esperimento e ha funzionato


                Anche se non ne sono venute molte, questo però ci invoglia a continuare con questa tecnica


                     Che strano...queste sono le madri che non hanno germogliato...che dite le ripianto?


Non ho a disposizione tanta terra e quindi occore trovare le alternative. E questo insieme alle patate è il raccolto di qualche giorno fa..


Ciao
Mariassunta

venerdì 12 luglio 2013

Dove sono le donne del CIF, attivissima organizzazione femminile del dopoguerra?

A richiesta ecco il secondo racconto pubblicato su "Storie di donne" che è la sintesi ( forse troppo, ma la lunghezza è stata dettata da chi ha progettato il volume)  di una chiacchierata con  Maria ( zia Marietta) D'Alessio-Passeri e la professoressa Antonietta Capirci del Centro Italiano Femminile di Latina.
Ricordiamoci che il volume è stato pubblicato nel 1993, quindi tutto è rapportato all'epoca. Riaffiorano con questo racconto i "profumi delle gallette",  quei crackers duri e piatti dei soldati americani  distribuiti nelle merende e accompagnati da cioccolate ...anch'esse americane. Chi se li ricorda?




Antonietta e Maria

Ora se ne parla proprio poco. Anzi sembrano scomparse in un momento in cui non si fa altro che parlare di donne. Ma dove sono e cosa fanno le donne del Cif?
Per un lungo periodo il Centro Italiano Femminile è stato l'unico sodalizio femminile in Italia. Nato, infatti, dopo la guerra come federazione, assorbì tutte le donne degli organismi cattolici: Associazione Maestri Cattolici, Unione Cattolica Insegnanti Medi, Laureati Cattolici, Azione Cattolica, Scouts e altri.
Tutte venivano da una esperienza organizzativa e quindi non persero tempo in chiacchiere. Bisognava ricostruire ogni cosa  e loro si buttarono a capofitto sul lavoro, tanto c'era da fare.

Incontriamo, proprio per farci un'idea due protagoniste che hanno aderito al Cif  fin dall'inizio, ricoprendo incarichi direttivi: Maria Passeri e Antonietta Capirci. La prima è stata per molti anni presidente a Priverno. L'altra è stata vicepresidente provinciale e consigliere regionale e nazionale.



Perchè venne costituito il Centro Femminile?
I brutti postumi di una guerra che aveva lacerato famiglie, sentimenti e punti di riferimento mise a nudo tanti problemi che le donne decisero di affrontare con grande forza. La guerra si era combattuta su due fronti. Gli uomini con le armi e lontano da casa. Le donne con una stupefacente forza di volontà, nei paesi, nelle città e nelle campagne ad accudire vecchi e bambini e a tenere accesa la fiamma della speranza.
A denti stretti, ma con tanta forza.
Terminata la guerra si cercò di rimediare quanto più possibile ai guasti provocati.
Protagonista indiscussa del periodo fu, prima, durante e dopo, la fame. Una grande fame. E le donne italiane si associarono proprio per aiutare la famiglia a ricomporsi e a superare le difficoltà, soprattutto materiali del momento, con lo scopo primario di sostenere anche l'evoluzione e la promozione delle donne. Organizzarono di tutto, dal doposcuola all'assistenza alle famiglie in difficoltà e le colonie estive al mare o in montagna per i bambini.

A Priverno a quel tempo vennero organizzati anche corsi di economia domestica e stenodattilografia e la scuola per minorati psichici ( poi assorbita dall Stato). A tutte le maestre che prestavano servizio in questa attività veniva riconosciuto un punteggio cumulabile per l'accesso ai ruoli dello Stato.

 " La scuola per i portatori di handicap, che prima si chiamavano minorati, l'abbiamo aperta con 9 bambini presso le Suore del Preziosissimo Sangue-  racconta Maria -. E per tre mesi all'anno organizzavamo il doposcuola. Il Comune concedeva l'uso delle aule affinchè le insegnanti assunte dall'organizzazione potessero aiutare gli alunni che avevano problemi con lo studio. Si facevano i compiti, poi una bella merenda e quindi tutti a casa."

Antonietta ricorda il momento formativo dell'Associazione. " Cronache e opinioni" era il giornale che teneva in collegamento le iscritte. Ogni anno le donne cristiane festeggiavano la giornata della donna, che non era l'8 marzo, ma l'8 dicembre. Quel giorno tutte loro si riunivano per discutere le problematiche del momento e fare il punto della situazione. Già da allora si parlava di part-time e della preparazione socio-politica delle donne, di asili nido e di scuole materne.

Nel 1974 venne cambiato lo Statuto dell'Associazione, perchè dopo 25 anni di impegno comune si ritenne di trasformare la federazione nella sua operatività. Il Cif, infatti, riaffermò la supremazia del lavoro con l'obiettivo di aiutare la crescita civile dei singoli e lo sviluppo della comunità. Non solo. Ma si diede anche una organizzazione autonoma dai partiti e movimenti.

Questo fino a qualche tempo fa...ma ora dove sono finite le donne del Cif? Salvo qualche raro e sporadico tentativo di rappresentanza, il Cif sembra aver tirato i remi in barca. Forse perchè le esigenze di oggi sono diverse da quelle di ieri. Forse perchè i danni della guerra sono stati riparati e le donne sono diventate più autonome e responsabili. O forse perchè l'associazione si è schierata contro alcune battaglie civili che hanno visto invece vincenti le rappresentanti dell'altra metà del cielo?

mercoledì 3 luglio 2013

Marietta la levatrice: le sue mani hanno dato la vita a tanti, me compresa.

Mi hanno sollecitato a riportare una storia che appartiene a molti e che è stata pubblicata anni fa in un libricino dal titolo "Storie di Donne". Le giornaliste raccontano
Sono tre le mie storie in questa pubblicazione. La prima ed è forse la più bella è quella di Marietta ( Maria Salvagni) l'ostetrica che ha fatto nascere tre generazioni di persone. Riguarda un ambito specifico sì, ma è la storia delle nascite di un'epoca.

Marietta la levatrice.
   
  Mi sta aspettando sul pianerottolo ed è molto emozionata.
 
 "Ti ho raccolto il giorno di Santa Maria Goretti" , mi dice facendomi strada verso il salotto. Seguo la sua figura imponente e autoritaria che ottantotto anni di vita non hanno affatto piegato.
  
  Si accomoda e si rilassa l'ostetrica Maria. Ora può iniziare a ricordare. E' incantevole. Una testimonianza di vita incantevole.
  
   Richiama alla mente tutti quelli che lei ha "raccolto" durante la sua attività di levatrice e il registro dell'anagrafe è poca cosa. Sono i momenti della nascita e tutte le circostanze che l'hanno accompagnata. E i momenti della vita vanno di pari passo con quelli della morte: ".. mentre nasceva Concetta, moriva don Carlo". E' la storia di un intero paese: " Raccoglievo dai 2 ai 3 bambini al giorno - dice e non erano solo di Priverno. Durante la guerra infatti c'erano anche gli sfollati di Cassino, Sperlonga, Latina, Terracina e Scauri. Vivevano tutti ammassati dentro il Castello di San Martino e a Caciara e dovevo assistere anche loro."

   Mentre parla Marietta cerca di coprire i colpi di tosse che turbano la tranquillità dei ricordi, con le mani. Quelle mani che hanno aiutato le donne a dare la vita non stanno mai ferme. Si posano in grembo, si alzano a descrivere momenti felici o circostanze rischiose: " Io glielo dicevo alla partorienti, voi dovete fare quello che dico io". E narra di nascite podaliche e di primipare che non hanno avuto nessuna lacerazione. La ricetta? Olio di oliva e ...tempo! Tanto tempo. I parti di una volta erano caratterizzati dal tempo: il tempo del nascituro. Ci impiegava tutto il tempo che voleva per venire al mondo. Nessuno aveva fretta. Oggi il parto pilotato programma ferie e vacanze e l'episiotomia, il taglio anticipato per evitare la lacerazione dei tessuti, è diventata un'abitudine. E' cambiato completamente il concetto di "tempo".

   Diplomatasi nel 1923 a Roma, Marietta ha iniziato subito a lavorare come ostetrica al Policlinico Umberto I, poi a Terracina, a Sezze, a Bassiano, a Roccasecca e dal 27 marzo 1938 " era la settimana santa" a Priverno fino al 1973.

   " Seguivo le donne incinte fin dal primo mese - racconta - e controllavo se c'era l'albumina nelle urine. Via via che passavano i mesi e si avvicinava il momento del parto, il rapporto si faceva sempre più confidenziale. Gli ultimi giorni organizzavo tutto: bisognava preparare i fiaschi direttamente sui carboni  e acquistare il pacco ostetrico in farmacia. Cosa conteneva? Tutto il necessario per il grande evento: 500 gr. di alcool, 200 gr. di ovatta, garze e saponetta Mantovani. Il pacco lo passava l'Amministrazione Provinciale. Poi facevo acquistare i giornali, molti giornali. Servivano a proteggere il materasso. E pronta doveva essere anche la "spianatora" ( tavola di legno usata per fare il pane) che andava messa sulla rete. Serviva a non far soffocare il bambino appena metteva fuori la testina. Un periodo venne disposto che non si poteva fare il bagnetto al bambino appena nato. Si puliva allora con l'olio di oliva".

   La signora parla con molta dolcezza, solo la tosse la irrigidisce. " Per riscaldarci durante le lunghe attese in campagna bruciavamo i " turzi" ( gambi dei carciofi). E' come se avessi fumato chissà quante sigarette e mi è rimasta la bronchite cronica". E' la sua malattia professionale.

   "Non che avessi tanto tempo per pensare quando mi venivano a chiamare", dice.
  Chiamavano dal vicolo a voce alta, ricorda, e qualsiasi ora fosse e qualsiasi tempo facesse, lei prendeva la sua indispensabile valigetta da ostetrica con l'occorrente, stetoscopio, fiale antiemorragiche, siringhe, e via...a piedi o in canna di bicicletta raggiungeva la campagna.

  Tira fuori dal cassetto l'album delle foto. Eccola mentre riceve dal sindaco di Priverno la medaglia d'oro con l'encomio per il servizio prestato a tutta la comunità; eccola con la sorella mentre si riposa nella sua casa di Maenza ed eccola ancora giovane agli inizi del suo lavoro e della professione. Una professione durata oltre quaranta anni.

   E di notte quando non riesce a prendere sonno, Marietta "la levatrice" ricorda nella preghiera le tre generazioni cha ha aiutato a nascere.



                               La foto postata su Fb è di Antonietta Volpe e la signora alta vestita di nero è la signora Maria Salvagni. Nasce da qui questa  storia...

Santa Maria Goretti è fra qualche giorno ed è il mio compleanno. E' questo lo considero davvero un regalo meraviglioso. Grazie per l'idea che avete avuto di riportare in "auge" questo bellissimo racconto, che la famiglia all'epoca inviò anche all'Associazione Italiana di Ostetricia. 
                                         

                                                                     Ciao
                                                             
                                                               Mariassunta
  





sabato 29 giugno 2013

Ciao Margherita! Intervista alla Signora delle Stelle!

LINKIESTA oggi in occasione della sua morte ha ripubblicato l'intervista che ho fatto l'anno scorso alla professoressa Hack.. 




Novanta anni appena compiuti e ben portati. E un curriculum che cercheremo di sintetizzare davvero in breve. La professoressa Margherita Hack, ha insegnato astronomia all’Università di Trieste e ha diretto l’Osservatorio Astronomico di quella città, portandolo a rinomanza internazionale. Membro delle più prestigiose società fisiche e astronomiche Margherita Hack è stata anche direttore del Dipartimento di Astronomia dell'Università di Trieste. È membro dell' Accademia dei Lincei e ha avuto varie collaborazioni con l’ESA (Agenzia Spaziale Europea) e con la Nasa (National Aeronautics and Space Administration). Ma con il suo carattere e il suo modo di fare la professoressa Hack si fa amare ed apprezzare anche fuori dall’ambito scientifico. E non finisce mai di stupire.

Guardare le stelle professoressa dovrebbe essere un’esperienza unica… Ma a furia di stare con il naso all’insù, non è che ci si dimentica poi della vita reale?

In realtà le stelle non si guardano. Oggi a guardarle non troveremmo nulla di nuovo rispetto al passato. Noi analizziamo le radiazioni emesse dalle stelle. Dalle conoscenze ricavate in laboratorio sulle leggi della radiazione, le leggi dei gas, le leggi della struttura della materia, ricaviamo quali sono le condizioni fisiche di una stella, la sua temperatura, la sua densità, la composizione chimica, la sua struttura interna, le fonti della sue energia (le reazioni nucleari), come il consumo di queste fonti faccia “invecchiare “ la stella e con questi studi deduciamo l’evoluzione di una stella.

Parlando di scoperte scientifiche, bisogna dire che sono avvenute più scoperte in questi cento anni che non nei venti secoli precedenti. Come ce lo possiamo spiegare?

Nel passato una grande scoperta avveniva a distanza di secoli. Poi di anni. Nel XX secolo siamo arrivati a considerarle a distanza di mesi. Per appassionare i giovani alle scienze “dure”, matematica, fisica e chimica, occorre insegnarle meglio e di più alle scuole medie. Con più pratica di laboratorio e facendo lavorare in prima persona gli studenti. Inoltre ci vuole più attenzione alla scienza da parte dei governi. Più finanziamenti per la ricerca. Più posti da ricercatore.

La vita degli scienziati è diversa da quella degli altri?

Gli scienziati sono persone come tutte le altre. Anche se il loro lavoro può essere appassionante, vivono in questo mondo e ne condividono i problemi quotidiani, le passioni politiche e anche quelle sportive; possono essere atei o credenti, misantropi o amanti del prossimo, come tutti gli altri esseri umani.

I nostri ricercatori fuggono all’estero. Ma manca il brain drain, cioè il ricambio tra giovani di diverse nazionalità. Quale potrebbe essere la cura perché questo possa accadere?

La cura? Più fondi per la ricerca e più attenzione ai neo dottori di ricerca. E non lasciarsi sfuggire i migliori

Lei si batte da tempo per il testamento biologico, cosa ci può dire in proposito?

Che è necessario. E che è un segno di alta civiltà e anche della laicità dello Stato.

mercoledì 19 giugno 2013

Un intrigante orto-giardino d'alta quota

Che bella vacanza l'anno scorso a Falcade, località dolomitica a 1200 metri sul mare. Questo caldo arrivato all'improvviso me la fa ridesiderare. Un posto davvero bello, fresco,  pieno di verde e di ...verdure!




Non solo passeggiate e burraco con gli amici, ma ammirazione ed estasi per questi angoletti fatati. Ed è stato tutto un clic, perchè quegli orti grandi o minuscoli sapientemente dosati di fiori e di verdure mi hanno stupito davvero. Proprio davanti l'albergo e a fianco dell'impianto di risalita c'era quello della signora Giovanna. Un bella signora veneta "autrice" di una tavolozza di colori e profumi  unici.






Con mio marito un pomeriggio siamo andati lì e ci siamo avvicinati, ma non troppo perchè l'orto non era recintato.




  Eravamo ammaliati da tanto ordine disordine. Sì perchè gli orti giardino sono proprio così. Sembrano disordinati, ma nell'animo della persona che lo ha realizzato esiste un ordine perfetto.




 La signora era in finestra e vedendoci incuriositi ci ha invitato a entrare. Era sopresa  perchè non pensava di attirare l'attenzione dei turisti.  E' scesa e ci ha mostrato questo piccolo angolo di paradiso, che coltiva da sola e che è delimitato da un prato verdissimo.  



 Inutile elencare gli ortaggi e i fiori: si vedono bene no? La sapienza e la cura, di quelle sì vale la pena parlare.  Vedete come le piante più alte segnano non solo il confine dell'orto, ma delimitano e proteggono le altre più tenere e delicate? Come queste piante di fagiolo che incorniciano le insalate.


E il ribes, cari uccelli questa volta non lo mangiate voi.


Fiori di qua e fiori di là non mi stancavo di ammirare. Questi cosa sono? Non finivo mai di chiedere. Ma la signora rispondeva spesso di non conoscere quel fiore perchè i semi glieli aveva dati l'amica che abita più a valle...e quegli altri? una cugina che vive in fondo al paese. E' tutto uno scambio...con questi orti in vetrina. E questi? Oh..ma che belli. Che meraviglia questi boccioli. Mai visti prima. Sembrano delle piccole fucsie e invece noooo... sono i fiori dei fagioli. Un colore bellissimo. I miei sono di un rosa pallido. 


La signora gongolante per i tanti complimenti ci ha detto di aspettare. E' salita in casa ed è scesa con questo barattolo di vetro. Indovinate cosa conteneva?





Ebbene sì, i semi dei fagioli. Lo ha aperto e ce ne ha regalato una manciata. Stesso effetto dei doni di Babbo Natale! Che felicità. Tornati a casa li abbiamo custoditi a dovere e ora sono nel nostro orto. Al prossimo post quindi......





Buon orto anche quest'anno signora Giovanna!

Mariassunta