martedì 1 ottobre 2019

Abbazia di Fossanova: premio Camilla per il giornalismo e comunicazione

Mi sono sempre definita una guerriera. Ed é per questo forse che mi sono conquistata spazi che mai avrei immaginato.
Ho ricevuto altri premi. Anche importanti. Ma il premio Camilla ha più valore, perché c'è di mezzo il cuore, l'amicizia e la stima reciproca.....

Qui il mio pezzo pubblicato sul Fatto Quotidiano 


 

venerdì 20 settembre 2019

Riposarsi

E' stato un agosto molto movimentato. Tra arrivi, partenze, ritorni e via discorrendo è stato davvero tutto un gran da fare.. E quindi corri di qua e corri di là, tra la casa in città e quella al  mare, cucina, lava e via discorrendo, insomma partiti tutti ci volevano davvero le ferie. Per cui ci siamo ritirati nel buen retiro del mare. E le giornate ancora calde hanno aiutato il riposo e la vacanza.
Adoro questa casa informale, colorata e piena di luce, da cui si può godere dal  grande terrazzo un panorama unico. Davanti ho tutto il mare. Parte da Sabaudia, San Felice poi Ponza e le  isole davanti, per arrivare a Nettuno. Dietro ho le montagne e sento i galli cantare. Mare e campagna insieme.



davanti casa

dietro casa

Insomma se voglio stare al mare, guardo davanti. Se voglio apprezzare la fresca campagna, con i galli che cantano, guardo dietro.
A presto
Mariassunta

giovedì 25 luglio 2019

Stratford on Avon. Arriva Ludovica (5)

Dopo un pò di giorni che eravamo lì, ci  raggiunse Ludovica, mia cugina. Voleva anche lei fare una vacanza studio e quindi le trovammo un posto alla pari in una famiglia di architetti. Avrebbe dovuto ricambiare la loro ospitalità occupandosi dei loro due bambini. 
Anche in quella occasione non capimmo chi doveva aspettare chi e neanche dove. Non c'erano mica i telefonini all'epoca. Le informazioni arrivavano, quando arrivavano. Se arrivavano. Comunque, non avendo avuto notizie certe, decidemmo di dividerci. Io sarei andata in macchina con il maggiordomo ad aspettare Ludovica in stazione. Elvira sarebbe rimasta in hotel in attesa di una sua telefonata. Ci saremmo sentite ogni tanto nel caso ci fossero state novità. Era tardi. Erano quasi le 11 di  notte, quando  lei arrivò. Dormì da noi e il giorno dopo l'accompagnammo in pompa magna da Pattie e John, la famiglia che l 'avrebbe ospitata.  La casa era su una collinetta, oltre il fiume Avon.. Era bellissima. Originale e molto accogliente. Il living luminosissimo, aveva tutta una parete a vetrata che dava  su un giardino interno molto curato e cinto da mura alte. Gli inglesi tengono molto alla loro privacy, e quindi chiudono cortili e cortiletti con pareti alte di mattoncini rossi o con pannelli di legno su cui fanno crescere arbusti fioriti che creano un colpo d'occhio unico. Bei  punti  focali, generalmente incastonati tra prati verdi curatissimi e quindi illuminati da bouganvillee o lunghi tralci di rose appoggiati un pò ovunque. In eleganza e raffinatezza, non li batte davvero nessuno. La parete sinistra del soggiorno rifinita a mattoncini bianchi era coperta da lunghi rampicanti verdi. Esterno e interno si completavano. Non si capiva infatti dove cominciava l'uno e dove finiva l'altro. Mi piacque molto. C'era stile, finezza, eleganza e sobrietà.  Quindi la padrona di casa, ci condusse alle camere del piano superiore. Nulla di banale e scontato neanche qui. Lo spirito degli architetti in questa casa si era espresso in tutta la loro originalità. La camera dei bambini e la camera padronale per esempio, pur avendo entrate distanti tra loro, erano contigue e semplicemente separate da una parete di vetro, che si poteva isolare da una lunga tenda scura azionabile dalla camera grande. Tanti gli accorgimenti in quella casa, come il tritarifiuti elettrico nel lavandino della cucina. Buttavi lì i resti dei piatti, accendevi l'interruttore e cranch, cranch, in un attimo tutto era pulito. Poi però, anche qui, lavavano i piatti immergendoli nel detersivo e li riponevano nello scolapiatti senza risciacquarli.. Un'abitudine diffusa, quindi. Andavamo spesso in quella casa. Eravamo bene accolte. E più di qualche volta ci invitavano a cena. Ci si sedeva a tavola alle 18 in punto. Nè un minuto prima. Nè un minuto dopo. Avendo scelto di condividere la casa con una ragazza alla pari, Pattie e John  ogni tanto uscivano con gli amici per andare a bere qualcosa al pub. E noi facevamo compagnia a Ludovica. Spesso ci raggiungevano anche gli altri amici del bar-latteria. Una sera i padroni di casa rientrarono presto, sembravano un pò brilli. Volevano continuare a bere con gli amici con cui erano usciti. E quindi senza troppi giri di parole, ci misero alla porta. La prendemmo a ridere. E tra una risata e l'altra ripetevamo tra noi....ci hanno cacciato... ci hanno cacciato...( continua)

martedì 16 luglio 2019

Stratford on Avon. In cucina ( 4)

Dormivamo quindi nell'ampio seminterrato. La stanza da cui si accedeva nella nostra camera conteneva tante cianfrusaglie. C'erano cassetti pieni di rose artificiali, portacandele in ottone e altri addobbi. E in un cassetto a vista, stipate una sull'altra, tante scarpe femminili. Erano i sandali estivi della padrona. Tutti uguali. Tutti dello stesso colore beige e tutti dello stesso numero. Una cosa davvero strana.Una cosa misterosa  a cui tentavamo di dare dei significati, senza riuscirci.  E  neanche potevamo chiedere. Un pò per la lingua che non conoscevamo, un pò per non fare la figura delle provincialotte a spasso per il mondo. In fondo, su, che sarà mai se una si compra almeno venti paia di scarpe tutte uguali? Insomma quel mondo misterioso, fatto di scarpe, di indumenti e di posate luccicose, ci affascinava e intrigava. Era come se osservando quegli oggetti  riuscissimo ad entrare nell'animo di gente molto diversa da noi. Che apparteneva  a un mondo diverso, per cultura e tradizione. Un mondo molto più ricco del nostro. Di secoli. Cosa che si percepiva ovunque per il gusto raffinato con cui era stato arredato l'hotel e da come era tenuto il parco, con le centinaia di rose antiche che circondavano la casa e che vedevi ovunque ti girassi e affacciassi. La finestra grande della cucina, sopra il lavello, per esempio ne era ampiamente incorniciata. E ne potevi godere in tutta la loro bellezza lavando le pentole dei pasti. Bella consolazione, direte. Si si, Solo le pentole, però.  Le stoviglie no. Piatti e bicchieri venivano dirottati in un'altra stanza, attigua alla cucina, dove campeggiava il capitano Daisy, l'addetta al lavaggio che operava indossando un abitino da lavoro in cotone vichy a quadretti bianco e rosa. . Guai ad avvicinarsi alla sua postazione di lavoro. Lei apriva e chiudeva le porte delle washing machines, con lo stesso piglio di un comandante che apre e chiude le porte degli aerei o delle navi.Una questione di vita o di morte. Se ti avvicinavi un pò di più al suo spazio, ne subivi irritate ramanzine che uscivano da labbra strette che tenevano sempre in bilico sul lato destro della bocca la sua sigaretta al mentolo, perennemente accesa. Potevi solo bearti, tanto per dire, del vapore che usciva da lì e del profurmo del detersivo, usato a quintali. Stesso profumo e stesso massiccio uso che facevamo noi  per  le pentole.    Pentole e padelle come dicevo erano appannaggio nostro e della padrona, che ci aveva istruito su come lavarle. Si, vabbè. Più o meno, insomma. Perchè si, le immergevi nell'acqua saponata, ma poi le dovevi mettere direttamente a scolare. Che cosaaa? chiedemmo senza articolare e senza far uscire alcun suono dalla bocca.  Nel senso che...meglio non chiedere. Ma come... non si ripassano sotto l'acqua corrente? Never. Never. Ma non si poteva accettare. Noi che venivamo da un paesino sperduto del Lazio avremmo potuto mai digerire  una simile cosa dagli oltremanica? Nulla da fare. Derogammo subito agli ordini e alle istruzioni impartiteci con determinazione e amore. Fluff...pentola in acqua. Su dalla schiuma, e....pollice e indice sulla manopola, tentando di girare  in assoluto silenzio il rubinetto per farlo sgocciolare il meno possibile, ma una furibonda Mrs Tag arrivata da dietro, chiuse come una furia quel piccolo e fresco gocciolio, accompagnandolo con un NOOOO, che ancora sento nell'aria, dopo anni e anni. Boh.Valli a capire gli inglesi... (continua)



martedì 9 luglio 2019

Stratford on Avon. E fu subito fish and chips.(3)

Per due, tre giorni, Elvira e io non ci muovemmo dall'Haitor se non accompagnate dalla signora Tag, che ci portò a visitare delle chiese caratteristiche e il cottage di Anne Hathaway, moglie del drammaturgo. Una casa tra le tante. In Paese infatti di abitazioni riferite agli Shakespeare ce ne erano parecchie, rigorosamente in stile tudor e tutte visitabili a pagamento. Qui dove era nato, qui dove era cresciuto, qui dove aveva poi vissuto con la moglie. Insomma case a gogò. Un bel modo di fare turismo e cassa. Qualche pomeriggio dopo, iniziò l'esplorazione personale del bellissimo paesino. Scendemmo a piedi e ci infilammo in una strada importante, dalla parte opposta del fiume, la Ely Street.. Qui trovammo subito un fish and chips. E fu subito amore per quel cartoccio unto. Ma la scoperta più bella la facemmo due case dopo, quando ci trovammo di fronte a un ristorante italiano con annessa latteria. Fu la svolta alla nostra solitudine in terra straniera. Facemmo subito amicizia con Bruna, una ragazza padovana. Lei lavorava lì e nel ristorante. I proprietari erano di Parma e il locale era molto raffinato. Se tornate stasera, conoscerete pure gli altri, ci disse. E così facemmo. Tornammo quasi di corsa all'Hotel, per aiutare in cucina a preparare la cena e poi sempre di corsa in latteria. Quel posto diventò un  approdo. Conoscemmo tanti altri ragazzi italiani e francesi e un professore di Roma, di cui ricordo ancora il nome, "suonato" per l'occulto. Portava sempre con sè il pendolino. Una sera ci convinse ad andare tutti al cimitero attiguo alla Chiesa, un pò fuori città. Guidando una processione incuriosita e irriverente, ci portò davanti a una tomba molto antica. Non ricordo bene chi fosse e cosa sarebbe dovuto accadere, ma so che non successe nulla. " Non vi siete concentrati abbastanza" ci ammonì. Quindi con aria ancora più scanzonata tornammo indietro. Meglio un caffè e una chiacchiera che le tombe antiche di perfetti sconosciuti.
Un pomeriggio mentre risalivamo verso l'Haitor, la strada era in salita e abbastanza lunga, fummo aggredite alle spalle. Lanciammo un urlo. Era mio zio Nic, il missionario, che tornando da un viaggio in Bangladesh si era fermato in Inghilterra per incontrare degli amici e vedere anche come stavamo noi. Ci chiamava da  parecchio, ma noi non lo avevamo sentito e allora aveva deciso di fare una corsa e la sorpresa....da crepacuore. ( continua)

giovedì 4 luglio 2019

Stratford on Avon. Le giornate a Haytor Hotel hanno inizio. (2)


La vita nell'Haytor hotel cominciava a prendere ritmo. La mia camera era in un delizioso abbaino, ma per poter dormire insieme optammo per la stanza del seminterrato, dove la mattina presto, oltre alla voce abbastanza sgradevole di Mrs Tag che da sopra le scale ci faceva da sveglia, vi scendeva anche il profumo della...colazione inglese che la cuoca stava preparando in cucina e che noi poi componevamo nel piatto da servire agli ospiti..uova fritte, bacon, pomodoro arrostito, pane tostato e tanto, tanto caffè.
Adoravo sbirciare la sala da pranzo, con quei bow windows che davano sul curatissimo parco pieno di verde, illuminato da una miriade di rose antiche. I tavoli senza tovaglia erano apparecchiati con gusto e piccole abat jour di gusto tipicamente inglese, sempre accese servivano, piu' che a far luce, a creare un'atmosfera molto intima. Una stanza magica, dove si camminava con passo felpato e si parlava tutti sottovoce. A controllare che ogni cosa andasse per il meglio in quel piccolo regno era il maggiordomo, di cui non ricordo il nome...ahhh scriversi un diario no eh?
Come eravamo arrivate la'? Io mi ero appena iscritta all'Universita' e mio zio Nic, missionario saveriano, "ministro" degli esteri della sua congregazione era sempre in giro per il mondo. Parlava molto bene almeno 5 lingue. E aveva amici ovunque. Tra loro sister Mary Vianney, direttrice del Training College Notre Dame di Oxford, molto amica dei coniugi Tag... (continua)


sabato 29 giugno 2019

Vacanze studio-lavoro a Stratford on Avon. Prima puntata


Era la Festa di San Luigi, quando parecchi anni fa, con la mia amica Elvira,  partimmo per l'avventura d"oltremanica, con direzione Stratford on Avon, la famosa patria di Shakespeare. Erano le nostre vacanze studio-lavoro. Poiche' ci saremmo dovute fermare tre mesi, le nostre valigie erano strapiene di roba invernale. Per cui pensando di alleggerirle un po' partimmo da qui indossando abiti invernali, calze comprese. E vestite così girammo per Roma per un bel po' per sbrigare delle formalità in quelle Associazioni per studenti che andavano all'estero. L'appuntamento con famiglie e bagagli era in aeroporto. Per non soffrire di mal d"aria, a scopo precauzionale, ci impasticcammo, perché non si sa mai.... A Luton, ci aspettava Mister Tag, che insieme alla moglie gestiva l'Haytor hotel, straordinario albergo appena fuori Stratford on Avon.
Per riconoscerci, noi avremmo dovuto indossare dei bandeaux bianchi e lui una rosa. Ma non ci incontrammo. E quindi stanche e infreddolite, nonostante i taielleurini invernali...e per fortuna, prendemmo treno e taxi e bussammo che era quasi mezzanotte alla porta di un magnifico posto, di cui ne potemmo ammirare la cura e lo splendore solo la mattina dopo. Una perfetta magione inglese con parco meraviglioso e tanti cottage. Il tempo di riaverci dallo stupore che ci misero subito a pelare patate, lucidare argenti e ad apparecchiare l'intimo dining room a colazione e cena. Il momento più bello però arrivava all'imbrunire. Bisognava andare nelle stanze a preparare i letti per gli ospiti, scostare le lenzuola dal cuscino, girarle verso il centro e su questa piega appoggiarci gli indumenti per la notte. Una festa per gli occhi quelle stanze, una diversa dalle altre e arredate con un gusto fuori dal comune.....( continua)