giovedì 25 luglio 2019

Stratford on Avon. Arriva Ludovica (5)

Dopo un pò di giorni che eravamo lì, ci  raggiunse Ludovica, mia cugina. Voleva anche lei fare una vacanza studio e quindi le trovammo un posto alla pari in una famiglia di architetti. Avrebbe dovuto ricambiare la loro ospitalità occupandosi dei loro due bambini. 
Anche in quella occasione non capimmo chi doveva aspettare chi e neanche dove. Non c'erano mica i telefonini all'epoca. Le informazioni arrivavano, quando arrivavano. Se arrivavano. Comunque, non avendo avuto notizie certe, decidemmo di dividerci. Io sarei andata in macchina con il maggiordomo ad aspettare Ludovica in stazione. Elvira sarebbe rimasta in hotel in attesa di una sua telefonata. Ci saremmo sentite ogni tanto nel caso ci fossero state novità. Era tardi. Erano quasi le 11 di  notte, quando  lei arrivò. Dormì da noi e il giorno dopo l'accompagnammo in pompa magna da Pattie e John, la famiglia che l 'avrebbe ospitata.  La casa era su una collinetta, oltre il fiume Avon.. Era bellissima. Originale e molto accogliente. Il living luminosissimo, aveva tutta una parete a vetrata che dava  su un giardino interno molto curato e cinto da mura alte. Gli inglesi tengono molto alla loro privacy, e quindi chiudono cortili e cortiletti con pareti alte di mattoncini rossi o con pannelli di legno su cui fanno crescere arbusti fioriti che creano un colpo d'occhio unico. Bei  punti  focali, generalmente incastonati tra prati verdi curatissimi e quindi illuminati da bouganvillee o lunghi tralci di rose appoggiati un pò ovunque. In eleganza e raffinatezza, non li batte davvero nessuno. La parete sinistra del soggiorno rifinita a mattoncini bianchi era coperta da lunghi rampicanti verdi. Esterno e interno si completavano. Non si capiva infatti dove cominciava l'uno e dove finiva l'altro. Mi piacque molto. C'era stile, finezza, eleganza e sobrietà.  Quindi la padrona di casa, ci condusse alle camere del piano superiore. Nulla di banale e scontato neanche qui. Lo spirito degli architetti in questa casa si era espresso in tutta la loro originalità. La camera dei bambini e la camera padronale per esempio, pur avendo entrate distanti tra loro, erano contigue e semplicemente separate da una parete di vetro, che si poteva isolare da una lunga tenda scura azionabile dalla camera grande. Tanti gli accorgimenti in quella casa, come il tritarifiuti elettrico nel lavandino della cucina. Buttavi lì i resti dei piatti, accendevi l'interruttore e cranch, cranch, in un attimo tutto era pulito. Poi però, anche qui, lavavano i piatti immergendoli nel detersivo e li riponevano nello scolapiatti senza risciacquarli.. Un'abitudine diffusa, quindi. Andavamo spesso in quella casa. Eravamo bene accolte. E più di qualche volta ci invitavano a cena. Ci si sedeva a tavola alle 18 in punto. Nè un minuto prima. Nè un minuto dopo. Avendo scelto di condividere la casa con una ragazza alla pari, Pattie e John  ogni tanto uscivano con gli amici per andare a bere qualcosa al pub. E noi facevamo compagnia a Ludovica. Spesso ci raggiungevano anche gli altri amici del bar-latteria. Una sera i padroni di casa rientrarono presto, sembravano un pò brilli. Volevano continuare a bere con gli amici con cui erano usciti. E quindi senza troppi giri di parole, ci misero alla porta. La prendemmo a ridere. E tra una risata e l'altra ripetevamo tra noi....ci hanno cacciato... ci hanno cacciato...( continua)

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