mercoledì 7 dicembre 2011

Intervista alla professoressa RITA LEVI MONTALCINI

( C'è una cosa di cui vado molto fiera: aver realizzato in questi anni ben tre interviste alla professoressa Rita Levi Montalcini. La prima è stata pubblicata sulla rivista economica IL CONTO. La seconda sulla rivista del Miur, ATENEI, di cui sono caporedattore. E la terza sulla rivista economica del CAF UIL. Quest'ultima, che riguarda i giovani, e molto....molto interessante ve la proporrò in seguito. Ora vi riporto uno stralcio di quella pubblicata su Atenei.)


(Foto ripresa dal sito Molecularlab)

Professoressa la scienza genera paura per la sua velocità di trasformazione dell’esistente, non dando modo alle persone normali di metabolizzare le radicali modifiche che provoca. Qual è il modo giusto per affrontare questo repentino cambiamento?

In genere i timori sono sempre sollevati dai media, che non essendo addetti ai lavori possono generare uno stato di angoscia nel grande pubblico.
Il processo della conoscenza è irreversibile, tuttavia è possibile fare un uso adeguato di questa conoscenza. Come ha asserito un autorevole studioso di processi evolutivi, George Simpson, “l’evoluzione biologica non è un processo morale, il termine morale è irrilevante in questo contesto, e tuttavia ha creato un essere etico e morale”. L’uomo non è più il “prediletto degli dei”, come si credeva prima di Darwin; è responsabile verso se stesso e per se stesso.
E’ l’unico tra tutti gli organismi viventi ad avere la facoltà di controllare e dirigere la sua evoluzione.
Considerato in questa ottica, lo scienziato di oggi, in possesso di tecnologie che possono sollevare problemi etici, deve farsi carico di esigenze morali.

Quando Le hanno assegnato il premio Nobel, la motivazione è stata: “Il lavoro della Levi- Montalcini è di fondamentale importanza per la comprensione dei meccanismi che regolano la crescita delle cellule e dei tessuti”. Una donna che riceve un Nobel ha qualche emozione in più rispetto a un uomo, per il semplice fatto di aver dovuto faticare di più?

Oggi per una donna è molto più facile conciliare i problemi di famiglia con quelli del lavoro.
In passato gli ostacoli erano molto duri, in particolare fino a periodi recenti, quale quello vittoriano e nei primi due decenni del secolo scorso, quando ancora predominava a livello familiare e sociale la figura dell’uomo. Non ho avuto alcun problema nei settori della mia attività lavorativa in quanto donna. I soli problemi che sono sopravvenuti sono stati quelli conseguenti alla promulgazione delle leggi razziali.

Si dice che le donne abbiano una marcia in più. Una donna scienziata ha più difficoltà ad affermarsi e a trovare spazi adeguati nella ricerca?

Oggi, come in passato, siamo ancora governati da un’oligarchia geriatrica quasi esclusivamente di sesso maschile. Sono fermamente convinta dell’enorme importanza di dare alle donne quello spazio che non hanno mai avuto. Per affrontare i problemi del XXI secolo la gestione del governo mondiale dovrà avvalersi del contributo femminile, che ha dato prova di straordinaria capacità nell’affrontare problemi di estrema urgenza. Rispetto agli uomini le donne hanno dimostrato di saper mettere in pratica iniziative estremamente valide superando difficoltà burocratiche. In molti casi il successo ottenuto è stato tanto più meritevole in quanto ha richiesto eccezionale coraggio nel contrapporsi a dogmi secolari.

In futuro non solo sarà più facile curare le malattie, ma addirittura si potranno prevenire attraverso un semplice test genetico che permetterà di individuare il gene che non funziona bene e curarlo. Questo significa quindi che malattie cosiddette monogenetiche, quali distrofie muscolari e retiniti pigmentose, per citarne due quasi incurabili, saranno addirittura prevenibili e prevedibili?

Da un punto di vista neurologico l’uomo, come tutti gli animali, è soggetto a mutazioni che si riflettono in alterate funzioni del sistema nervoso. Molte di queste sono disgraziatamente compatibili con la vita.
Ho piena fiducia che le cellule staminali embrionali, in un prossimo futuro, potranno essere utilizzate per fronteggiare malattie oggi inguaribili, come quelle neurodegenerative e di altra natura.

Oltre la Fondazione, Lei ha promosso e fondato l’EBRI ( European  Brain Research Institute), istituto che si sta ritagliando uno spazio unico nell’ambito della ricerca europea. Obiettivo di ricerca dell’Ebri è il cervello. La comprensione del cervello, infatti, la sua organizzazione, il suo sviluppo e i suoi meccanismi, costituisce una delle frontiere della conoscenza, nonché uno degli obiettivi più ambiziosi della ricerca scientifica. A che punto di questa conoscenza siamo, professoressa Montalcini?

All’inizio del Terzo millennio si è evidenziata l’esigenza di creare una centralizzazione mediante la costituzione di un istituto a carattere interdisciplinare con connotazione europea, con la denominazione di European Briain Research Institute.
L’EBRI si prefigge di perseguire tutte le ricerche intese a sviluppare gli studi volti alla ricerca di base nel campo delle neuroscienze, in particolare al funzionamento del cervello, dalle basi molecolari alle funzioni cognitive superiori, in condizioni normali e patologiche. promuovendo la loro ricaduta nel campo clinico. E’ importante evitare dispersioni, in istituzioni separate, di apparecchiature di alta precisione e costo; allo stesso tempo  così come è rilevante favorire l’affluenza di esperti altamente qualificati provenienti da diversi paesi.

 Questo significa che malattie come il Parkinson, l’Alzheimer e altre malattie neurodegenerative, possano essere finalmente comprese e combattute?

La ricerca svolta presso l’EBRI mira a indagare le cause delle patologie neurologiche ed in particolare di quelle neurodegenerative, come Alzheimer, Parkinson, Huntington e SLA, con l’obiettivo della diretta applicazione clinica per malattie, divenute, di grande rilevanza sociale.
EBRI si propone come capofila di un grande progetto di ricerca di base e di sviluppo industriale italiano, finalizzato a promuovere ricerche e biofarmaci basati su NGF.
Le potenzialità terapeutiche del NGF, come farmaco biotecnologico, sono state chiare fin dai primi anni 80: l’indicazione principale, infatti, è nella terapia per importanti malattie neurodegenerative, quali il morbo di Alzheimer.

Trent’anni in America. Al ritorno avrà trovato un’Italia molto cambiata. Ma nella ricerca siamo sempre all’anno zero. Se avesse carta bianca e potesse decidere sulla ricerca nel nostro Paese, cosa farebbe per arginare la fuga dei cervelli all’estero e valorizzarli in casa?

Ci sono in Italia piccoli gruppi di ricerca eccellenti, sia a livello accademico che industriale; e soprattutto c’è abbondanza di creatività, risorsa indispensabile per una buona ricerca. C’è inoltre un grande entusiasmo dei giovani, che non può e non deve essere deluso.
Questi sono ingredienti necessari, ma non sufficienti. Perché queste potenzialità possano essere realizzate occorrono altre condizioni indispensabili. Citerò le più importanti: una selezione di giovani ricercatori rigorosamente basata sul merito, finanziamenti e strumenti adeguati alle esigenze della ricerca. Desidero aggiungere che la ricerca scientifica italiana in campo biomedico sta ottenendo risultati di notevole importanza.

Lei, professoressa, rappresenta un modello per tante persone e i giovani la sentono vicina ai loro problemi, non solo perché rappresenta un esempio di vita esaltante.
Rivolgendosi proprio a loro, quale messaggio di vita suggerirebbe?

Il messaggio che invio a tutti è quello di disinteressarsi di se stessi, pensando agli altri o a quelli che in questo momento hanno un disperato bisogno del nostro aiuto, quelli del terzo mondo. Io mi sono sempre occupata dei problemi scientifici e sociali e non ho mai smesso di lavorare. Posso persino dire che questo è uno dei momenti migliori della mia vita scientifica e sociale. Un’altra regola di comportamento che ritengo fondamentale, e da applicare in tutti i momenti della vita, particolarmente negli anni dell’adolescenza, quando è più facile lasciarsi prendere dall’angoscia sia per quanto concerne il futuro sia per la propria persona, è il disinteressarsi sia di come si può apparire agli altri, che dei pericoli veri o immaginari che ci minacciano.

4 commenti:

  1. Complimenti per questa bella intervista!
    Ciao Mariassunta,
    Lara

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    1. Grazie Lara...a breve pubblicherò la mia ultima intervista alla Prof....considerata l'ultima in assoluto che le è stata fatta.Una bella testimonianza d'amore verso i giovani e i ricercatori. Ciao

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    2. gentile ladonnaincarriera,
      avrei bisogno di sapere nome e cognome della giornalista di questo articolo per proporlo in un esame importante....
      nome del giornale di pubblicazione,
      giorno mese ed anno
      grazie
      un saluto
      martina

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